Il consenso al trattamento di dati particolari non indispensabili non è obbligatorio per la validità di un contratto.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione, che condanna la Deutsche Bank in una recente sentenza.

Il consenso al trattamento di dati particolari non indispensabili non è obbligatorio per la validità di un contratto.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione, che condanna la Deutsche Bank in una recente sentenza.

La I Sezione Civile della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un cittadino al quale una filiale ligure della Deutsche Bank aveva richiesto, per l’apertura di un conto corrente, il consenso al trattamento anche di dati particolari, quelli che prima dell’entrata in vigore del GDPR si chiamavano dati ‘sensibili’. Dati che, secondo il cliente, non erano né essenziali, né necessari, ma, che, per l’istituto di credito erano, invece, obbligatori. Una clausola con cui, in poche parole, la banca subordinava l’esecuzione delle proprie operazioni al rilascio del consenso al trattamento dei dati particolari del cliente. Al diniego del consenso, la banca aveva comunque aperto il conto corrente, per poi bloccarlo dopo un periodo di tempo.

Il cliente citava in giudizio l’Istituto di credito per il risarcimento dei danni, vedendosi dare torto per ben due volte. Dopo i primi due gradi di giudizio, però, la Cassazione  ha ora stabilito, con una sentenza depositata il 21 ottobre scorso,  la responsabilità della banca per  inadempimento contrattuale e l’ha condannata al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali “per aver ‘bloccato’ l’operatività del conto corrente e del deposito titoli, nella titolarità del cliente, dai primi giorni di marzo 2008 come conseguenza del fatto che quest’ultimo non aveva inteso autorizzare l’istituto di credito al trattamento dei suoi dati sensibili”;  queste le parole della sentenza.

La clausola della banca, secondo la Cassazione, contrasta con i principi ispiratori del Regolamento Europeo sulla privacy, i cui precetti sono posti a tutela di interessi generali  e finalizzati al rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e  “non possono essere derogati dall’autonomia privata”.

“La clausola con cui la banca ha subordinato il dar corso alle operazioni richieste dal cliente al consenso al trattamento dei dati sensibili” conclude la Cassazione “è affetta da nullità in quanto contraria a norme imperative, a norma dell’art. 1418 c.c.. Ne consegue che la condotta con cui lo stesso istituto di credito ha successivamente provveduto al “blocco” del conto corrente e del deposito titoli, proprio perché trova il proprio titolo in una clausola nulla dalla stessa inserita, non lo esonera da responsabilità per inadempimento contrattuale”.

FONTE: Corte Suprema di Cassazione http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20191021/snciv@s10@a2019@n26778@tO.clean.pdf